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Titolo originale: The Book of Henry
Paese: USA
Anno: 2017
Durata: 105 minuti
Genere: Thriller, Drammatico



Soggetto:
Sceneggiatura: Gregg Hurwitz
Fotografia: John Schwartzman
Montaggio: Kevin Stitt
Musiche: Michael Giacchino
Scenografia: Kalina Ivanov
Costumi: Melissa Toth
Trucco: Kathleen Brown, Maya Hardinge, Claire Mahony, Sarah Stamp, Diane Calfee
Effetti speciali: Fred Buchholz, Chris Jordan, Ben Wepman
Produttore: Adam Callan, Jeff Gernert, Carla Hacken, Gregg Hurwitz, Jenette Kahn, Sidney Kimmel, Mark Mikutowicz, Adam Richman
Produzione: Double Nickel Entertainment, Sidney Kimmel Entertainment
Distribuzione: Universal Pictures
Sito ufficiale: www.focusfeatures.com/thebookofhenry
Data di uscita: 23 Novembre 2017 (Cinema)









A volte le cose non sono quello che sembrano, specialmente nella piccola città provinciale dove vive la famiglia Carpenter. La provinciale madre single Susan Carpenter lavora come cameriera in una tavola calda, insieme all’esuberante amica di famiglia Sheila. Il suo figlio più piccolo Peter è uno spensierato ragazzino di 8 anni. A prendersi cura di tutto e tutti nel suo modo originale e unico è il figlio maggiore di Susan, Henry, di anni 11. Tutore di suo fratello minore che lo idolatra e instancabile sostegno per sua madre spesso insicura – e, attraverso degli investimenti, della famiglia tutta – Henry sfavilla attraverso i giorni come una cometa. Susan scopre che la famiglia di vicini, quella della gentile compagna di classe di Henry, Christina, ha un pericoloso segreto – e che Henry ha escogitato un sorprendente piano per aiutarla. Mentre il suo geniale piano di salvataggio per Christina prende forma in modi elettrizzanti, Susan si ritrova al suo centro.







Il libro Henry comincia con il suo giovane, geniale protagonista (e il suo fratellino meno geniale, ma tanto tenero) alle prese con una macchina di Rube Goldberg. Le macchine di Rube Goldberg, per chi non lo sapesse, sono quei complicatissimi marchingegni che sfruttano l'effetto domino, ingranaggi, leve, palline, cavi e le leggi della fisica allo scopo di ottenere risultati banali e semplicissimi, come accendere un cerino, versare acqua in un bicchiere, premere un pulsante o robe così.
Tanto rumore per nulla, insomma, se non lo spettacolo del macchinario in sé. E il film di Colin Trevorrow è un po' così, un macchinario inutilmente elaborato, ruffiano al punto giusto, messo lì per tenere un po' appeso lo spettatore (che si deve bere passaggi narrativi improbabilissimi nel nome della ricercatezza) e per far sfoggio del proprio virtuosismo.
A far partire il macchinario, qui, è uno spunto che fa illudere di trovarsi all'interno di un film per ragazzi con l'ambizione di catturare anche il pubblico adulto: con la presentazione del boy genius (Jaeden Lieberher), del dolce fratellino coi maglioni e gli occhiali alla Erlend Øye (Jacob Tremblay), e della mamma un po' sciamannata ma tanto dolce (Naomi Watts), e con i primi accenni al thriller sempre un po' all'acqua di rose, nonostante al centro di tutto ci sia il sospetto che la bella ragazzina vicina di casa sia molestata dal patrigno poliziotto.
Le cose, però, si complicano in fretta, e presto si arriva a una svolta che - oltre a dimostrare la furbizia con cui regista e sceneggiatore vogliono andare a lavorare su tutti i trigger point più facili del loro pubblico allo scopo di commuoverlo - svela la vera natura del film: perché altro che boy genius, in Il libro di Henry la vera protagonista è mamma Naomi Watts, obbligata dagli eventi a venire a patti col suo ruolo e con la sua maturità, fino a un epilogo concitato nel quale sarà proprio il ripristino delle regole più convenzionali e conservatrici (i grandi fanno i grandi, i piccoli fanno i piccoli) la chiave per risolvere tutte le questioni.
Così, mentre Michael Giacchino non la smette di generare note melense col suo pianoforte, e mentre si abusa degli stereotipi (il legame tra i fratellini, l'amica scapestrata, il dottore buono e bello, la malattia e il lutto che generano crisi che costringono a rimettersi in piedi, le foglie rosse gialle e arancioni dei boschi della Hudson Valley, il cattivo che ha i modi e il volto del cattivo), Trevorrow continua a premere trigger points un po' a casaccio, cercando di mascherare l'implausibilità del copione e delle scelte dei personaggi, e a chiedere ai suoi attori - specie i più piccoli - di fare le faccette: perché quelle funzionano sempre.
Pure avesse funzionato, la sospensione dell'incredulità (e non solo le faccette); pure ci si potesse accontentare dello sfoggio rubegoldberghiano del film, e della bolla di sapone che finisce col generare, tutto questo non avrebbe comunque potuto nascondere l'evidenza più grande che Il libro di Henry porta con sé: il fatto che di cuore e di empatia, per questa storia, le sue vittime, i suoi eroi, chi l'ha girato ne aveva davvero pochissima.