[MT]Andrea Camilleri - La danza del gabbiano[Ebook-Ita-Pdf-Giallo]

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Titolo originale: La danza del gabbiano
Autore: Andrea Camilleri
1ª ed. originale: 2009
Data di pubblicazione: 20 maggio 2009
Genere: Romanzo
Sottogenere: Giallo
Editore: Sellerio Editore Palermo
Collana: La memoria
Pagine: 271



Prima di morire i gabbiani agitano freneticamente le ali in una sorta di danza macabra. Montalbano si lascia incantare dal gabbiano morente dalla finestra della sua casa di Marinella, ma fa presto a dimenticarlo. Sta infatti per andare in vacanza con Livia che è già giunta a Vigàta. Solo un salto al commissariato per lasciare tutto in ordine e poi finalmente partire. Giunto in ufficio Montalbano chiama i suoi a raccolta. Manca solo Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non è tornato a casa, il cellulare è muto; il timore diventa allarme. Il commissario ripercorre le più recenti tracce di Fazio: è stato visto per l'ultima volta al molo. aveva appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. Qualcuno poi l'ha notato in campagna, in una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimitero di mafia. E in effetti un primo cadavere affiora...
Un giallo tutto d’azione, con un Montalbano turbato per la sorte di uno dei suoi, e in corsa contro il tempo. E Livia? Anche il lettore, come Montalbano, sembra essersene dimenticato, ma non è certo uscita di scena...


Incipit:
Fu verso le cinco e mezza del matino che non ce la fici cchiù a ristarisinni corcato coll’occhi sbarracati a taliare il soffitto.
Era ’na cosa che gli era principiata con le vicchiaglie: di solito, passata la mezzanotti, si stinnicchiava a letto, liggiva ’na mezzorata, appena che la vista accomenzava a fargli pupi pupi chiuiva il libro, astutava le luci del commodino, pigliava la posizioni giusta, che era di corcarisi supra al scianco destro, le ghinocchia piegate, la mano dritta aperta a palmo in su supra al cuscino e la guancia appuiata alla mano, ’nsirrava l’occhi e di colpo s’addrummisciva.
Spisso per fortuna annava avanti col sonno fino a matino, capace che se lo faciva in una sula tirata, ma inveci certi nuttate, come chista appena passata, fatte sì e no un dù orate di durmuta, s’arrisbigliava senza nisciun motivo e non c’era cchiù verso d’arrinesciri a ripigliari sonno.
Una volta, junto allo stremo della disperazioni, si era susuto e sinni era ghiuto a vivirisi mezza buttiglia di whisky, nella spiranza che gli faciva calare sonno. La conseguenzia era stata che s’era appresentato in commissariato all’alba e completamenti ’mbriaco.
Si susì, annò a rapriri la porta-finestra della verandina.
La jornata che s’appresentava ’na vera billizza, tutta tirata a lucito, pariva un quatro ancora frisco di colore.
La risacca assaccava però tanticchia cchiù forte del solito.
Niscì fora ed ebbe un addrizzuni di friddo. Si era a mità majo e in altri tempi già ci sarebbi stato un cavudo squasi estivo, invece la jornata pariva ancora marzulina.
Forsi si sarebbi guastata verso la fine della matinata. A mano dritta, da monte Russello, arrancava già qualchi nuvola nìvura.
Trasì, annò in cucina e si priparò il cafè. Si vippi la prima tazza e si chiuì in bagno. Quanno niscì, vistuto, pigliò la secunna tazza di cafè e se l’anno a viviri assittato nella verandina.
«Matutino è stamattina, commissario!».
Isò ’na mano in signo di saluto.
Era il signor Puccio che ammuttava la varca in acqua, ci acchianava, principiava a remare puntanno al largo.
Da quanti anni era che gli vidiva sempre fari gli stissi movimenti? Po’ si perse a taliare il volo d’un gabbiano.
Oramà gabbiani sinni vidivano picca, va a sapiri pirchì avivano traslocato in paisi. Ma macari a Montelusa, a deci chilometri dalla costa, ci nn’erano a centinara, era come se l’aceddri si fossero stuffati del mari e sinni stissiro alla larga dalle onde. Pirchì si erano arridotti a circare il loro mangiari nella munnizza citatina invici di annari a piscarisi pisci frisco? Pirchì si erano degradati fino a dovirisi sciarriari coi surci per una testa di pisci putrefatto? Ma si erano volutamente arridotti accussì o era cangiato qualichi cosa nell’ordine della natura?
Tutto ìnzemmula il gabbiano chiuì l’ali e accomenzò a picchiare verso la spiaggia. Che aviva visto? Ma quanno arrivò a toccare col becco la pilaja invece di risollevarsi in aria con la preda, s’afflosciò addivintò un immobili mucchietto di pinni cataminate a leggio dal vinticeddro di prima matina. Forse gli avivano sparato, a malgrado che il comissario non aviva sintuto nisciun colpo di fucile. Ma chi era l’imbecille che potiva mittirisi a sparare a un gabbiano?



Una bianca fiammata si accende sulla spiaggia di primo mattino. Divampa il battibatti disperato, il frullo convulso di un gabbiano che, strepitando a vuoto, e con torsioni dolorose, di sotto in su si avvita attorno al becco disperatamente puntato sul cielo; e mette in danza, solitaria e terrificante, gli squassi e gli spasimi arrantolati della propria morte. È una prefigurazione sinistra, questa, dell’intonazione lugubre e del ritmo giroscopico del romanzo: che fa perno sulla misteriosa scomparsa dal commissariato di Vigàta dell’ispettore Fazio; su cadaveri restituiti dai vortici ciechi di pozzi trivellati in terre aspre e desolate; su esistenze nascoste e ambigue, passioni tristi, seduzioni basse e chiacchiere da cuscino; su binocoli e cannocchiali, voyeurismi pericolosi e cleptomanie gaglioffe; su un traffico di armi chimiche con contorno di canaglie politiche; e su una sedia vuota, in una chiusa stanza, tra impropri e vergognosi strumenti di tortura, schizzi di sangue rappresi, tanfi di morte e torbidumi, e segni sparsi di una danza di costrizione, irrituale e atrocemente scomposta. L’orrore si riverbera sulla coscienza offesa del commissario Montalbano. Intride la trama del romanzo. E mentre Montalbano ricolloca le tante tessere di una scompaginata storia criminale, non può sottrarsi alla sensazione che tutto si avvolga in calce allo sconcerto suscitatogli dalla sarabanda di un gabbiano in agonia: nessuno fa caso all’allarme di un gabbiano che all’improvviso stramazza, all’avvilimento di uccelli marini che disertano le battigie per contendere ai topi le discariche, al mare che perde i suoi aromi pur sotto un cielo che sa ancora recensire stupendi notturni leopardiani. La storia è dura. Ma l’indagine è sottilmente umoristica. Montalbano contrasta le false evidenze con le sue false negligenze; inscena teatri, e mette in campo furfanterie e giochi d’astuzia. Lo aiutano anche le smarronate di Catarella, le insubordinazioni, le inadempienze burocratiche; e persino una passione amorosa, un po’ recitata e un po’ malinconicamente sofferta. Con Livia, il commissario abita tempi che non si toccano. Gli orologi molli sono i suoi nemici. O sono forse gli alibi che gli servono. Montalbano è come un personaggio di Cervantes. Deve tener testa all’attore Zingaretti, che lo interpreta e gli fa concorrenza in una fortunata serie televisiva. Deve badare al patronaggio dello scrittore Andrea Camilleri, che incontentabile esige da lui storie già pronte per diventare romanzi. Deve badare ai baccalari della critica, che al giallo preferiscono il rosa. Lui, Montalbano, ha cinquantasette anni. Si attribuisce qualche sfaglio. Ma sa come consolarsi.
Salvatore Silvano Nigro


Premi: Premio "Cesare Pavese" 2009





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