[MT]Andrea Camilleri – La paura di Montalbano[Ebook-Ita-Pdf-Giallo]

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Titolo: La paura di Montalbano
Autore: Andrea Camilleri
1° ediz. originale: 2002
Data di pubblicazione:2002
Genere:Racconti
Sottogenere: Giallo
Editore Milano: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Pagine: 321




Il personaggio di Salvo Montalbano è senza dubbio una delle invenzioni letterarie più felici dell’ultimo decennio della letteratura italiana, una magica alchimia narrativa che si ripete inevitabilmente ad ogni nuova uscita, si tratti di un romanzo o di una raccolta di racconti. La paura di Montalbano appartiene alla seconda tipologia: con la sua ultima fatica letteraria Andrea Camilleri ci propone sei avventure del commissario più famoso a livello nazionale, nel dettaglio tre racconti lunghi e tre brevi, due dei quali già pubblicati nel 2001 sulla rivista dell’Amministrazione Penitenziaria “Le due città” (il primo della raccolta) e sul quotidiano “La Repubblica” del 15 agosto 1999 (il terzo). I tre racconti brevi, come avverte lo stesso Camilleri nell’immancabile nota finale, non sono polizieschi in senso stretto, ma storie incentrate su incontri occasionali (ma straordinari) di Montalbano: nel racconto apripista, Giorno di febbre, il commissario di Vigàta – che durante tutta la storia tenta di procacciarsi (senza esito) un termometro per riscontrare una febbre che pare certa – s’imbatterà in un barbone che è molto più di quel che sembra; da segnalare anche un omaggio a Un giorno dopo l’altro del giovin collega Lucarelli, romanzo col quale Montalbano si consola durante la sua febbricitante avventura. Nel terzo racconto, Un cappello pieno di pioggia, un Montalbano in trasferta romana ritroverà un vecchio compagno di scuola a distanza di anni – e purtroppo casualmente farà anche la sgradita conoscenza del figlio di costui –. Nel quinto racconto, che presta il titolo a tutta la raccolta, un Montalbano (lui, uomo di mare convinto) costretto da Livia ad una fastidiosa vacanza tra i monti riuscirà a salvare una donna in bilico nel vuoto leggendo al contempo nella situazione un latente omicidio. La paura di Montalbano, innescata dall’impertinente questione sollevata da un conoscente col vizio della psicologia, consiste proprio nel calarsi negli abissi dell’animo umano: operazione investigativa di cui l’impagabile commissario ha sempre fatto a meno per timore di trovare, giunto in fondo ad uno dei tanti strapiombi esistenziali percorsi nella sua carriera, uno specchio riflettente la propria faccia. L’ultima raccolta di racconti dedicata al mitico commissario di Vigàta si distingue dalle precedenti – Un mese con Montalbano e Gli arancini di Montalbano – proprio per i tre racconti lunghi, divisi in capitoli e strutturati come piccoli romanzi, intitolati rispettivamente Ferito a morte, Il quarto segreto e Meglio lo scuro. Ferito a morte è incentrato sull’indagine relativa all’omicidio di un usuraio trovato cadavere nella sua camera dalla giovane nipote Grazia, una figura ottimamente tratteggiata sotto il versante psicologico e che si rivelerà centrale per l’inchiesta. A giudizio del PM si tratterebbe di un delitto passionale legato all’ambiente omosessuale, il milieu dove i vari indizi parrebbero convergere: Montalbano, per niente convinto di questa soluzione di comodo (una “solenni pigliata per fissa”), troverà lo spunto decisivo per chiarire il mistero in un detto popolare di paterna memoria; d’obbligo segnalare uno splendido dialogo telefonico di stampo alfieriano tra Montalbano e Catarella. Notevole anche Il quarto segreto: l’episodio più articolato di tutto il libro è aperto da uno strano incubo di Montalbano, causato forse da una delle sue smodate cene di carvalhiana memoria: durante l’inchiesta, apparentemente non straordinaria e relativa alla morte di un muratore albanese caduto da un’impalcatura, il commissario stringerà un’alleanza sorprendente con Verruso, maresciallo dei Carabinieri colpito da malattia incurabile ma ben deciso, dignitosamente, a non voler lasciare casi in sospeso. Nell’indagine Montalbano si avvarrà anche dell’aiuto di Catarella, il buffo centralinista del commissariato di Vigàta. Meglio lo scuro, il racconto finale, è invece un’inchiesta sulla falsa riga de Il cane di terracotta: Montalbano dovrà investigare su un omicidio consumato mezzo secolo prima e che presenta tutte le caratteristiche deteriori di un romanzo d’appendice, aiutato al solito dalla sua memoria storica, la maestra paralitica Clementina Vasile-Cozzo. Sei racconti d’eccezione attraverso i quali il variegato mondo di Vigàta e dintorni ed i numerosi personaggi di contorno del serial montalbaniano acquistano in definizione. Una raccolta avvincente, animata dal consueto ed efficacissimo mélange italo-siciliano di Camilleri, a tratti inquietante per i realistici squarci di cronaca nera che affiorano qua e là a colorare le storie.

Incipit:
Giorno di febbre

Appena arrisbigliatosi, decise di telefonare in commissariato per evvertire che quel giorno proprio non era cosa, non ce l'avrebbe fattaad andare in ufficio, durante la nottata una botta d'influenza l'aveva assugliato e li vedi solo quando già ti hanno azzannato alla gola. Fece per susìrisi, ma si fermò a mezzo, le ossa gli dolevano, le giunture scricchiolavano, dovette ripigliare il movimento con quatèla, finalmente arrivò all'altezza del telefono, allungò il braccio e in quel preciso momento la suoneria squillò.
"Pronti, dottori? Parlo con lei di pirsona pirsonalmente? Mi arriconobbe? Catarella sono."
"Ti arriconobbi, Catarè. Che vuoi?"
"Nenti voglio, dottori."
"E allora perché mi chiami?"
"Ora vengo e mi spiego, dottori. Io di pirsona pirsonalmenti non voglio nenti da lei, ma c'è il dottori Augello che ci vorrebbe dire una cosa. Che faccio, ci lo passo o no?"
"Va bene, passamelo."
"Ristasse al parecchio che ci faccio parlari."
Passò mezzo minuto di silenzio assoluto. Montalbano venne scosso da un arrizzone di freddo. Malo signo. Si mise a fare voci dintra la cornetta.
"Pronto! Pronto! Siete morti tutti?"
"Mi scusasse, dottori, ma il dottori Augello non arrisponde al parecchio. Se porta pacienzia, ci vado io di persona pirsonalmente a chiamarlo nella sua cammara di lui."
A quel punto, intervenne la voce affannata di Augello.
"Scusami se ti disturbo, Salvo, ma..."
"No, Mimì, non ti scuso" fece Montalbano. "Stavo per telefonarvi che oggi non me la sento di nèsciri da casa. Mi piglio un'aspirina e me ne vado nuovamente a caricarmi. Quindi te la sbrogli tu, quale che sia la facenna della quale volevi parlarmi. Ti saluto."




"Era vero, Livia aveva ragione. Lui aveva paura, si scantava di calarsi negli 'abissi dell'animo umano', come diceva quell'imbecille di Matteo Castellini. Aveva scanto perché sapeva benissimo che, raggiunto il fondo di uno qualsiasi di questi strapiombi, ci avrebbe immancabilmente trovato uno specchio. Che rifletteva la sua faccia."

Come si misura la notorietà di uno scrittore? Se una persona, seduta casualmente accanto a te su di un mezzo pubblico, sbirciando la pagina di un libro che stai leggendo, non solo riconosce immediatamente l'autore, ma anche che le poche frasi lette appartengono a un'opera nuova, allora di certo quello scrittore è famoso. È quello che è capitato a chi scrive nei giorni scorsi ed è stato un chiaro segnale che Camilleri rappresenta uno dei rari esempi di popolarità unita a qualità, di autore che potremmo definire, con dizione ormai desueta, "nazionalpopolare" pur essendo profondamente radicato, per tematiche e linguaggio, nella propria regione. Se le aspettative dei lettori sono alte e, non appena terminata la lettura di un suo libro, si pongono immediatamente in attesa di un successivo, questa ultima raccolta di racconti non li deluderà di certo. Piuttosto li entusiasmerà per quella prodigiosa vena di narratore che Camilleri continua ad avere, per la maggiore chiarezza del linguaggio rispetto all'ultima prova, per un'evoluzione del protagonista che, pur nella sua peculiarità, rivela aspetti nuovi della sua personalità, infine per una più evidente vena civile che senza cadere nel didascalico o nel predicatorio, induce alla riflessione.
Montalbano ha ormai, per molti lettori, il viso di Zingaretti e del giovane Riondino, ma la cosa non disturba affatto, anzi rende ancora più vivo un personaggio che già dalla pagina scritta, emerge con forza teatrale e che, in quest'ultimo libro, mostra in modo aperto i limiti di carattere (l'irritabilità e l'abitudine di scaricare su chi lo circonda il nervosismo), ma anche l'umanità profonda, lo spirito di solidarietà per le vittime o per chi (come il maresciallo Verruso) confida nella riservatezza e nella collaborazione generosa di un "quasi" avversario.
Fa parte del personaggio anche il farsi turbare da qualche presenza femminile, ma non è solo la bellezza di una donna che fa vibrare il commissario, è la sua pulizia interiore, il coraggio, la dignità e, in questo, esce da ogni stereotipo, anche perché c'è sempre una specie di pudore nel riconoscere l'effetto che una donna provoca in lui e qualche senso di colpa nei confronti della lontana fidanzata Livia, così ben accennato dallo scrittore nella telefonata dolcissima che fa fare a Montalbano, toccato dal fascino discreto di Caterina.
La conoscenza che Camilleri ha del suo personaggio gli consente quella naturalezza amicale nel trattarlo che è possibile ritrovare solo in Simenon, così come allo scrittore belga fa pensare l'antieroismo, il rifiuto per la retorica e la capacità di fondere il quotidiano malessere con l'azione straordinaria.
Le indagini, pur non togliendo nulla alla tensione narrativa e alla giusta suspence, rivelano aspetti sociologici e devianza diffusa, penetrazione della mafia nella realtà politica ed economica siciliana e invitano, implicitamente, i lettori a non dimenticare mai la pericolosità e la tentacolare arroganza di questa piaga italiana. Non manca però la pietà: pietà per la povertà, per l'ignoranza, per la fragilità umana, per i pensieri delittuosi che anche le persone per bene, talvolta, possono avere, pietà per le vittime di un sistema ingiusto che emargina i diversi o, peggio ancora, li usa come strumenti inconsapevoli. Così anche Catarella, l'ingenuo e devoto poliziotto, in alcuni racconti, è meno macchietta ed è più uomo: forse esprime un'umanità meno intelligente e colta, ma la sua affidabilità e la sua generosità mostrano come queste doti, oggi troppo rare, siano da rivalutare e come Camilleri, dall'alto della sua esperienza umana oltre che intellettuale, inizi a provare insofferenza per una cultura fine a se stessa e per un mondo che premia solo i più furbi.





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